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«Chi crea una poesia è come un Dio che possa guardarla e trovare che vada bene. Ma cosa accade se la poesia guarda il suo creatore? Cosa accade se è la poesia a giudicare chi l'ha messa al mondo? Se essa scova in noi, col suo occhio penetrante e stabile, con la sua mobile fermezza, i nostri difetti, la nostra tirchieria, l'impronta sbilenca del nostro intelletto, i nostri intervalli visivi? Ecco la critica, lo sguardo che ti candisce e ti relativizza. Bisogna sostenere quello sguardo di rimando, accettare l'interrogazione reciproca; la poesia allo stato critico». La prospettiva di Paolo Febbraro, quella di una nuova e antica unione di poesia e critica nella stessa persona, si realizza in questo volume di saggi grazie a un corpo a corpo con i poeti e con il testo poetico. Da Charles Simic a Wislawa Szymborska, da Giorgio Caproni a Patrizia Cavalli, dai temi della traduzione a quelli dei luoghi, Febbraro dà sostanza alla "divina interferenza" tra critica e poesia, per giungere alla fine di questo cammino all'incontro del poeta con la propria poesia, e infine con sé stesso.